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L'entrata in vigore della L. 121/81 recante norme sull'Ordinamento dell'Amministrazione della Pubblica Sicurezza (atto con cui venne tolto lo status di militare agli appartenenti al disciolto Corpo di Polizia) acconsentì che nelle carceri militari potessero essere custoditi, dietro specifica richiesta, gli appartenenti alle Forze di Polizia d'ogni grado e qualifica, sottoposti a privazione della libertà per i reati ordinari.
In mancanza di questa specifica richiesta, i detenuti delle Forze di Polizia vengono ristretti presso le "Sezioni protette" degli Istituti di pena ordinari.
Tale convivenza di detenuti militari propriamente detti e detenuti sottoposti ad una sorveglianza di massima sicurezza tipica d'Istituti di pena ordinari, ha accentuato quella che il Cap. 8.9 della Parte VIII del Libro Bianco sulla Difesa del 2002, ha definito "devianza d'impiego" di un'organizzazione normalmente dedicata a compiti di carattere esclusivamente militare.
Per effetto di questa promiscuità , il personale militare vigilatore deve di fatto assolvere funzioni tipiche di un Istituto di pena civile di massima sicurezza secondo leggi e norme che al momento sono eterogenee fra loro, con assunzione da parte dello stesso di responsabilità tipiche dell'organizzazione civile.